Quando si aspetta un bambino la fantasia galoppa.
Mamma e papà, per mesi, si chiedono come sarà il loro bambino. Immaginano com’è, il suo carattere, a chi assomiglia, le qualità che avrà…
Tutto questo repertorio di fantasticherie vanno ad alimentare le aspettative.
Ci si aspetta il bambino immaginato o, comunque, un bambino forte e sano.
Mai ci si aspetterebbe un bambino che non sente, sordo. Che è diverso.
Crollano le aspettative. Tutto va in frantumi!
Il bambino non sente!
Il bambino non potrà essere questo, non potrà fare quello…
Sono momenti terribili, drammaticamente intensi e, sopratutto, disorientanti.

La sordità del figlio, intesa come evento critico inatteso che va a disilludere le aspettative poste nei suoi confronti, spesso comporta un trauma familiare, di cui ne parla Luterman (1983).
Descrivendo la dinamica, l’autore evidenzia che l’elaborazione dell’evento attraversa diverse fasi.
In un primo momento, una forte disperazione è l’emozione predominante, quella che più si prova quando si scopre la sordità del bambino.
In un secondo momento, ci possono essere diverse reazioni, che possono essere molto soggettive e che possono spaziare tra l’estraniazione (che è un modo per “staccarsi” dal problema, per difendersi dall’angoscia di non saper come affrontarlo) ed il rifiuto (non del bambino stesso, ma della sua sordità, che non si sa come gestire e che è colpevole di avere rovinato tutto).

I genitori, sconfitti nelle loro aspettative, ne escono distrutti, emotivamente e psicologicamente.
Che ci siano reazioni del genere è normale, il problema nasce dal momento in cui l’elaborazione del trauma non volge alla conclusione e/o è bloccata.
In tali casi l’evoluzione della famiglia non può procedere, restando intrappolata nella sofferenza e nel rifiuto, non potendo perciò individuare le risorse che ha a disposizione.

In questo momento di fragilità, la famiglia ha bisogno di riferimenti, di incoraggiamenti e di risposte positive, per tornare a credere nelle possibilità.
Possibilità che ci sono, ma che in quei momenti non si riescono a visualizzare.
Inoltre, dato che ogni famiglia ha risorse che intervengono in aiuto in caso di eventi stressanti, “critici” (Guerra, 2009), è importante che essa riesca a visualizzarle per riuscire a fare poi delle scelte, che si riescono a fare se la famiglia, di fronte alla crisi, riesce ad evolversi verso un nuovo adattamento funzionale.
Scelte che è importante realizzare in autonomia, nel rispetto del proprio credo e delle potenzialità del bambino.